C’è una serra supertecnologica molto particolare a Padova e si trova al depuratore di Cà Nordio, quello in cui affluiscono tutti i reflui della città. Sotto le vetrate, però, non si coltivano ortaggi e fiori, bensì… fanghi. Lo ha comunicato AcegasAsAmga. L’innovativo impianto, unico in Italia, è appena entrato in funzione e serve a ridurre drasticamente i volumi dei fanghi in uscita dal depuratore, con due obiettivi. Da un lato, migliorare le possibilità di riutilizzo dei fanghi, impiegati come ammendante agricolo, dall’altro contenere ulteriormente i costi del servizio.

Il trattamento tradizionale: 3 passaggi per ridurre l’acqua al 70 per cento

Fino a oggi, i fanghi prodotti nelle vasche del depuratore (biomassa composta da sostanza organica, batteri, funghi, piccole alghe e microrganismi), hanno subito 3 trattamenti successivi per eliminarne parte dell’acqua contenuta, che rappresenta inizialmente il 99 per cento del totale. Dapprima avviene una decantazione, poi una biodigestione (per estrarre energia elettrica, biogas ed eliminarne i batteri nocivi). Infine, una disidratazione meccanica, una sorta di grande centrifuga capace di far scendere la percentuale di acqua al 70 per cento. A quel punto, i fanghi “asciugati”, vengono caricati su autocarri e impiegati nei campi come fertilizzante, chiudendo dunque il cerchio del pieno recupero delle risorse.

Il passaggio in più nella serra per accelerare l’evaporazione

Con l’introduzione della serra high-tech viene compiuto un salto in più. Dopo la disidratazione, i fanghi vengono distesi nella serra e lì la natura (con qualche aiuto) compie il suo corso. Grazie al sole, sotto il plexiglass della serra l’aria si scalda e un sofisticatissimo impianto di areazione ne gestisce i moti convettivi, per far sì che l’acqua ancora contenuta nei fanghi evapori il più rapidamente possibile.

Il maialino: un rover robotizzato per governare il terreno

Nel corso di questo processo, entra in scena anche il cosiddetto “maialino”. Si tratta di un rover (simile nell’aspetto a quelli lunari), completamente automatizzato, che percorre la serra rivoltando il fango, in modo che quello superficiale, già essiccato, lasci il posto a quello più umido sottostante. Una sorta quindi di grufolatore robotizzato, che simula appunto il lavoro che potrebbero compiere i maiali con il loro muso.

L’acqua scende al 30 per cento e 1.000 tonnellate di fango in meno in uscita

Alla fine del trattamento, che può durare dalle 2 settimane in estate alle 8 settimane nei mesi più freddi, la percentuale di acqua nei fanghi scende fino al 30 per cento, consentendo di avere un fertilizzante pronto per l’agricoltura molto più compatto. In termini assoluti, dalle prime simulazioni effettuate, significa scendere da circa 6.000 a circa 5.000 tonnellate di fango prodotto all’anno.

I vantaggi: un fango compatto meglio utilizzabile in agricoltura, oltre a risparmio di costi e CO2

I benefici di tale maggiore densità sono numerosi. Innanzitutto, un’ottimizzazione dei costi, a vantaggio di tutti i cittadini, perché la quantità di fango da trasportare al di fuori dell’impianto è di oltre il 15 per cento inferiore. In secondo luogo, sempre legato ai minori viaggi degli autocarri, si ha un impatto positivo in termini di traffico ed emissioni. Infine, vi è un impatto positivo sulla circolarità del processo. Il fango più compatto (70 per cento biomassa e 30 per cento acqua) è infatti molto più gestibile durante degli usi agricoli, soprattutto per ragioni logistiche, dunque migliorano anche le suo possibilità di utilizzo come fertilizzante per le terre che domani ci nutriranno.